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Il paesaggio oltre la crisi

Il paesaggio oltre la crisi

Il 31 maggio a Praga, presso l’Istituto Italiano di Cultura (Vltašska 34, Praga 1) è stata aperta al pubblico la mostra di Manuel Bonfanti, intitolata “Il paesaggio oltre la crisi”. L’iniziativa - patrocinata dall’Ambasciata d’Italia, dall’Istituto Italiano di Cultura e dalla onlus Assis - è promossa dall’Italian Business Center di Praga. Il catalogo, edito da Progetto RC, contiene un testo critico di Ivan Quaroni. Attraverso una cinquantina di opere, prevalentemente di medie e grandi...

Zeman, un presidente poco diplomatico / Zeman, a slightly diplomatic president

Zeman, un presidente poco diplomatico / Zeman, a slightly diplomatic president


Il primo presidente eletto direttamente dai cittadini è l’ex premier socialdemocratico. Reazioni contrastanti dall’estero

Praga in Europa volta pagina. E lo fa scegliendo come Presidente un uomo che di politica se ne intende. Una vecchia volpe lascia il posto a un’altra: l’ex premier socialdemocratico Miloš Zeman è il nuovo presidente della Repubblica ceca e i cechi, nella prima elezione diretta del capo di stato, non potevano scegliere personaggio e politico più diverso da Václav Klaus, inquilino dei Hradčany noto prima di tutto per le sue posizioni euroscettiche. A succedergli, infatti, uno dei più convinti europeisti in terra ceca, Zeman appunto, che già da premier avviò i negoziati per l’adesione all’Ue di Praga e fece entrare il Paese nella Nato. Un personaggio che però in patria ha vinto soprattutto per le sue posizioni radicali, per il nazionalismo, l’attacco all’attuale governo e l’occhiolino strizzato alla Russia.
Il leader dello Spoz (Partito dei diritti dei cittadini), tornato alla ribalta dopo otto anni di esilio dalla vita pubblica, presterà giuramento l’8 marzo. Ma non è tutto oro quel che luccica, come dice il proverbio. Zeman, infatti, che ama definirsi euro-federalista, appoggia sì un’Europa più forte, è disponibile a issare la bandiera europea sul Castello di Praga (gesto, seppur simbolico, negato con forza da Klaus) e sostiene l’ingresso di Praga nella moneta unica, ma ha anche posizioni molto critiche su altre importanti questioni interne all’Ue: per esempio considera ingiusta l’esclusione dall’Europa della Russia e nel contempo è contrario all’ingresso della Turchia. Si dice favorevole a una politica estera comune più incisiva ma mal tollera l’idea di un’Europa super-stato e ha già chiesto a Bruxelles di allentare i cordoni della borsa.
Luci e ombre, quindi, nel personaggio del momento, la cui elezione in patria è stata accolta in maniera ondivaga, a differenza di Bruxelles che spera di avere vita “più semplice” nei rapporti con il Castello. Il presidente della Commissione europea, José Manuel Barroso, si è felicitato “calorosamente” con Zeman elogiando il suo contributo per l’adesione del paese dell’est all’Unione europea. “I cittadini cechi che vi hanno eletto hanno visto in voi una persona che, nel suo ruolo precedente di primo ministro, ha contribuito in modo significativo alla trasformazione del paese e di conseguenza alla sua adesione all’Unione europea”, ha sottolineato Barroso. Positiva anche la reazione della sorella Slovacchia: Boris Gandel, ministro degli Esteri slovacco ha dato il benvenuto a Zeman, ricordando che lo stesso presidente e Mikuláš Dzurinda nel 2000 posero fine alla lunga vertenza dei due Paesi sulla ripartizione del patrimonio nazionale dopo la separazione.  
In Repubblica ceca le reazioni sono state un po’ più tiepide. Per molti quotidiani a vincere è stato il rappresentante del partito dei cosiddetti “scontenti” e in alcuni casi si è parlato di ritorno al passato. Criticata in particolare la vicinanza alla Russia che potrebbe risolvere in senso favorevole a Mosca anche l’attesa decisione su Temelin, con un sostegno ai partner russi per l’ampliamento della centrale nucleare. Un tema su cui potrebbero crearsi frizioni con le vicine Germania e Austria: Zeman, infatti, ha più volte attaccato gli ambientalisti e per estensione anche i progetti di rinuncia al nucleare. 
A testimoniare i buoni rapporti con il Cremlino le parole del presidente russo Vladimir Putin che, congratulandosi con Zeman, ha dichiarato: “In  Russia conosciamo Zeman come un sostenitore dei rapporti di amicizia russo cechi e di un loro rafforzamento”. Anche la stampa russa ha appoggiato l’elezione: Kommersant ha sottolineato come nell’entourage di Zeman ci siano persone i cui interessi sono strettamente collegati a quello di imprese russe”. A questo proposito si è parlato in particolare di Miroslav Šlouf, “ex comunista e lobbista politico vicino alla società petrolifera russa Lukoil” (ha scritto Hospodářské noviny). Quest’ultimo è un punto in comune con Klaus e alcuni osservatori sostengono che la dispendiosa campagna elettorale dell’ex premier sia stata finanziata, in maniera occulta, dalla compagnia petrolifera russa.
Altro tema affrontato soprattutto nella seconda parte della campagna elettorale per le presidenziali e che potrebbe avere ricadute in campo internazionale e anche europeo è il rapporto con la Germania e le posizioni di Zeman su una questione vecchia ottant’anni, i decreti Beneš, emessi per l’espulsione delle minoranze tedesca e magiara nel 1945 con la confisca dei loro beni. Nel corso della sfida per il ballottaggio Karel Schwarzenberg ha dichiarato che oggi per l’espulsione dei tedeschi il presidente Beneš sarebbe finito davanti al tribunale dell’Aia. Di tutt’altro avviso Zeman, che ha accusato Schwarzenberg di essere uno straniero e di “comportarsi come un tedesco dei Sudeti”. Molti analisti politici temono per affermazioni come questa una deriva nazionalista del Paese, alla stregua dell’Ungheria di Orbán o della Polonia dei gemelli Kaczyński. E le reazioni da parte della vicina Germania non si sono fatte attendere. Se dal punto di vista ufficiale il governo di Berlino, in un nota del ministero degli Esteri, ha auspicato che “continui l’attuale ottima collaborazione fra i due Paesi”, una parte della stampa tedesca ha invece sottolineato l’utilizzo a fini politici e propagandistici dei Decreti. Il più duro forse il quotidiano Die Welt secondo cui la Germania non dovrebbe accettare che “l’odio nei confronti dei tedeschi diventi una cosa normale della politica europea” e ha chiesto che Zeman, “responsabile di retorica anti tedesca”, non venga invitato in Germania. E Zeman non è nuovo a uscite polemiche nei confronti della Germania: resta ancora agli annali, la dichiarazione che nel 2002 portò Gerhard Schroeder a cancellare la visita a Praga. In quell’occasione il neopresidente disse che i Sudeti erano la quinta colonna dei nazisti in Cecoslovacchia. 
Che la diplomazia non sia il suo forte lo si sapeva già, va ricordato quando Zeman, allora premier paragonò Arafat a Hitler, e le battute ad effetto non si sono fatte attendere neanche questa volta. Preludio a una stagione politicamente scorretta o comunque niente affatto ingessata. 


The first president to be elected directly by citizens is the former Social Democratic Prime Minister. Mixed reactions from abroad

In Europe, Prague turns over a new leaf. And it does so by choosing as President a man who really understands politics. An old fox gives way to another: the former Social-democratic Prime Minister, Miloš Zeman, is now the new president of the Czech Republic, and during the first direct elections to appoint the Head of State, the Czechs could not have chosen a more diverse figure and politician compared to Václav Klaus - the Hradčany tenant, known primarily for his Euro sceptic positions. To succeed him, in fact, is one of the most ardent Europhiles on Czech territory, Zeman himself - who as premier, had started negotiations to join the EU and brought the country into NATO.  A personality, who has won at home,  especially for his  radical positions and  nationalism, for his attacks on the current government and for winking to the Russians.
The leader of the Spoz (the Party of the rights of citizens), returned to the fore after eight years of exile from public life, will be sworn in on March 8. But, all that glitters is not gold, as the saying goes. Zeman, who likes to define himself as a Euro-federalist, does in fact support a stronger Europe and is willing to hoist the European flag on top of the Prague Castle (gesture, albeit symbolic, vehemently opposed by Klaus) and supports Prague's entry into the single currency, but has very critical positions on other important internal EU matters: for example, he  believes that the exclusion of Russia from Europe is quite unfair and is contrary to  Turkey's entry into the EU. He admits being in favour of a more effective common foreign policy, but does not actually tolerate so much the idea of a  European super-state, and has already asked Brussels to loosen the purse strings.
Light and shade, therefore, on the personality of the moment, whose election was welcomed at home rather waveringly,   unlike Brussels, which hopes to have an "easier" life in its relations with the Castle. The President of the European Commission, José Manuel Barroso, "warmly" congratulated Zeman, praising him for his contribution towards the Country's accession to the European Union. "The Czech citizens who have elected you, have seen in you a person, who in the previous role as prime minister, contributed greatly to the transformation of the Country and consequently to its joining the European Union", Barroso commented. Even positive was the reaction of its sister-Country Slovakia: Boris Gandel, the Slovak Foreign Minister, welcomed Zeman, pointing out that the president himself and Mikuláš Dzurinda, helped to end the long dispute of the two countries, in 2000, on the division of national wealth after the separation.
In the Czech Republic, reactions were a little more "tepid". According to many newspapers, to win was the representative of the so-called "disgruntled" party, and in a few cases they even talked about a return to the past. Being criticized, in particular, was the closeness to Russia that could work out in favour of Moscow - also in view of the expected Temelin decision, with support being given to the Russian partners for the expansion of the  nuclear power station. An issue that could create friction with neighbouring Germany and Austria: Zeman, in fact, has repeatedly attacked environmentalists and in a wider sense, including the plans for abandoning nuclear energy production.
To testify of the good relations with the Kremlin, is Russian President Vladimir Putin, who congratulated Zeman by stating: "In Russia we consider Zeman as an advocate of friendship between the  Russians and Czechs, who wishes to improve relations even further". The Russian press also supported the election: Kommersant pointed out that in Zeman's entourage there are people whose interests are closely related to that of the Russian companies". In connection with this, Miroslav Šlouf in particular has been referred to as being "an ex communist and political lobbyist, quite close to the Russian oil company Lukoil", (Hospodářské noviny reported). A point in common with Klaus - and a few observers allege that the costly campaign of the former prime minister was financed secretly by the Russian oil company.
Another issue that was considered, above all during the second part of the campaign for the presidential elections, and which could have repercussions in the international arena, including Europe, is the relationship with Germany and Zeman's position on an eighty year old issue regarding the Beneš decrees, enacted in order to expell the German and Hungarian minorities in 1945 and confiscate their property. During the ballot challenge, Karel Schwarzenberg stated that today, for the expulsion of the Germans, President Beneš would end  before the Hague Court. Of a different opinion is Zeman, who accused Schwarzenberg of being a foreigner and "acting like a Sudeten German". However, many political analysts fear that such  statements may lead the country towards a nationalistic drift, as in Hungary or Poland with the Orbán Kaczyński twins. And the response from neighbouring Germany was not tardy. If from an official point of view - in a note by the Foreign Ministry - the Berlin government stated they hoped "to continue the existing excellent cooperation between the two countries", a part of the German press, however, emphasized the political scope and propaganda of the Decrees. The most critical, perhaps, was the newspaper Die Welt, according to which, Germany should not accept that "hatred towards Germans should become a normal thing in European politics", and demanded that Zeman "responsible for anti German rhetoric" should not to be invited to Germany. And Zeman is not foreign to controversial witty remarks towards Germany: in the record-book, there is still the comment made in 2002, that led Gerhard Schroeder to cancel his visit to Prague. On that occasion, the president stated that the Sudetens had been the fifth column of the Nazis in Czechoslovakia.
We already know that diplomacy is not his  strong point, just as when Zeman, then prime minister, compared Arafat to Hitler, that led, even on that occasion. to harsh statements. A prelude to an improper  political season that, in any case, will not be in the least restrained .


di Daniela Mogavero / by Daniela Mogavero